Regia di Zafira Braconi
I Giullari tornano in scena con uno spettacolo che amano dal profondo del loro cuore, dedicato al più grande poeta di Roma, fra i più grandi della letteratura italiana.

“I romani sono Belli!” è anche lo spettacolo più premiato della lunga storia dei Giullari. E’ andato in scena per la prima volta nel 2016 con un grande successo di pubblico, dimostrando che anche la poesia può essere popolare. E’ stato rappresentato sia al Teatro Sammarco che al Teatro della Cometa nell’ambito della rassegna Tuttinscena 2016, ricevendo sette candidature e vincendo ben quattro premi: migliore regia, migliore attore non protagonista (Francesco Ladi), migliore attrice non protagonista (Cristina Giurissich), migliori sceneggiature.
LE DATE DI MARZO 2025:
Sabato 8 marzo, ore 21:00
Domenica 9 marzo, ore 17:30
Venerdì 14 marzo, ore 21:00
Sabato 15 marzo, ore 21:00
Domenica 16 marzo, ore 17:30
PER INFO E PRENOTAZIONI:
Whatsapp / SMS: 351.5601414
email: info@giullari.it
Lo spettacolo
A differenza di tutte le altre commedie dei Giullari, sempre tratte da opere teatrali o cinematografiche, “I romani sono Belli!” è un’opera originale. Scritta da Gabriele Mazzucco, è stata adattata per i Giullari da Zafira Braconi, che ne ha curato anche la regia.
Per la prima volta viene portata in scena una commedia che ha per protagonista il grande poeta romano Giuseppe Gioachino Belli. I suoi sonetti sono considerati un capolavoro assoluto della poesia italiana, eppure la sua figura è ancora poco conosciuta. Questa commedia nasce quindi con l’intento di far apprezzare e ricordare l’opera di un uomo che, da solo, ha eretto “un monumento” al popolo di Roma.
Ha dato ai pensieri della plebe la dignità della poesia. Ha dato alla poesia la forza vitale del popolo. Una cosetta da niente, insomma.
Due parole sulla trama, senza svelare niente.
Sappiamo molte cose su Giuseppe Gioachino Belli, ma non sappiamo quasi nulla riguardo come e perché siano nati i suoi celebri sonetti, né per quale motivo li abbia tenuti gelosamente nascosti per tutta la vita sotto al letto e poi nel testamento abbia dato disposizione di bruciarli tutti.
Questa commedia prova a immaginare come sia nata questa ispirazione, in un contesto che ondeggia tra sogno e realtà, tra comicità e sarcasmo, tra miseria e nobiltà.
In questa avventura il nostro Gioachino avrà accanto molti compagni: l’amico fraterno Francesco Spada, la moglie Maria Conti, la misteriosa Cencia che ha ispirato tante poesie, l’amatissimo figlio Ciro, la simpatica Santa Pupa, poi giacobini, gendarmi, cardinali, strozzini, mendicanti… e persino il fantasma del severo padre, Gaudenzio Belli.
Cosa sia vero e cosa sia immaginazione spesso non è chiaro, ma a noi oggi rimangono 2279 sonetti di vibrante bellezza. E almeno questo sicuramente non è un sogno
Due parole pure su Giuseppe Gioachino Belli
Nato a Roma il 10 settembre 1791 Giuseppe Gioachino Belli è stato il più grande poeta romano ed è ormai considerato tra i più grandi poeti italiani.
Nel 1802 morì il padre Gaudenzio, severo e distante. Di lui il Belli scrisse: “Non mai io lo vidi sorridermi, rado compiacermi, e sempre sollecito a mortificarmi nell’amor proprio, cioè nel mio lato il piú sensitivo”.
Nel 1812 entrò nell’Accademia degli Elleni e nel 1813 fu tra i fondatori dell’Accademia Tiberina, istituzione ancora esistente in cui sono passati illustrissimi personaggi. Nel 1816 sposò Maria Conti, vedova benestante, di 11 anni più grande di lui.
Le letture illuministiche e romantiche stimolarono la cruda analisi della realtà da cui nacquero i 2279 Sonetti in dialetto romanesco (1830-1847), feroce satira della teocrazia romana vista con gli occhi della plebe misera, cinica e fatalista, autentico capolavoro del realismo romantico italiano. Fino ad allora il dialetto della plebe romana non aveva alcun precedente letterario, né prossimo né remoto.
Morì a Roma il 21 dicembre 1863. Un giorno nefasto per la poesia dell’Urbe: nello stesso giorno, ma 87 anni più tardi, morì Trilussa, altro grande poeta romano.
Nel testamento il Belli aveva disposto che tutti i sonetti venissero bruciati, ma il figlio Ciro non lo fece. Furono pubblicati parzialmente nel 1865-66 e nel 1886-89, ma la prima pubblicazione integrale arrivò solo nel 1952.
Non potremo mai ringraziare abbastanza Ciro Belli per non aver obbedito all’ultimo ordine del padre.
